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Storia

Indagini archeologiche nella chiesa medievale di San Marciano

Si riapre il dossier atinate di
Pietro Diacono di Montecassino.

Dal mese di Febbraio 2012 è stata avviata una campagna di scavo archeologico all’interno della chiesa extraurbana di San Marciano ad Atina in occasione dei restauri dell’edificio di culto.

L’indagine ha evidenziato come l’attuale edificio sorga sull’imposta di strutture più antiche.
Quest’ultime costituite in gran parte dal riutilizzo di elementi architettonici romani, pertinenti ad un imponente monumento funerario “a fregi dorici”.
Infatti, precedenti interventi di scavo nell’area esterna, effettuati nel 1979, avevano restituito colonne, blocchi lapidei e parti del fregio angolare (oggi collocati nella rotatoria di accesso ad Atina della SP 627).

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Atina, Chiesa di San Marciano prima del restauro.

Le strutture che inglobano tali reperti sono chiaramente pertinenti ad un edificio di culto preesistente, con una fase altomedievale ed un rifacimento databile al pieno medioevo (per reperti altomedievali inglobati nella parte mediana dei muri perimetrali).

Al di sotto della pavimentazione moderna è emersa la necropoli altomedievale, già nota dagli scavi del 2003-2004 nell’area antistante l’edificio.

23 sepolture, con orientamento nord-sud, trasversale rispetto all’edificio,
ad esclusione di due poste lungo l’asse longitudinale

Pur non potendo ancora riaprire la questione della veridicità degli scritti del monaco cassinese Pietro Diacono, chiusa dall’insigne studioso H. Bloch e dalla sua allieva C. Franklin come “romanzo agiografico del XII secolo”, i dati di scavo impongono nuove considerazioni:

Pietro Diacono colloca a S. Marciano il “monumentum, quod vocatur Imperiale”, quindi un grande e monumentale sepolcro di età romana, di cui restano in effetti capitelli, fregi architettonici, colonne.

Pietro Diacono dice che in età costantiniana (IV sec.) il vescovo Massimo costruì una chiesa sul luogo del martirio di San Marco.

L’edificio di culto, le cui dimensioni secondo le fonti risultano notevoli (163 x 52 piedi), divenne l’episcopio atinate e in esso vennero sepolti i corpi dei vescovi Massimo, Romano e Eugenio. In seguito alla distruzione della città la grande chiesa fu abbandonata (a pravis hominibus devastatum et ad solum redactum). Solo alla metà dell’XI sec.- sempre secondo il racconto di Pietro Diacono – il vescovo Leone rinvenne il corpo e il capo di San Marco, nonostante le difficoltà incontrate “quia multa corpora hinc inde iacebant”.

Questa notizia testimonierebbe che il sepolcro del Martire atinate era inserito all’interno di un’ampia area funeraria secondo una prassi ben nota per le necropoli tardo-antiche.

Lo scavo, se pur non ha restituito tracce ascrivibili al IV secolo, testimonia senza ombra di dubbio una vasta area funeraria (all’interno e all’esterno della chiesa attuale, con tombe tagliate dai muri perimetrali dell’edificio medievale), databile al pieno VI secolo.
Le caratteristiche tipologiche delle tombe riportano per confronti a quelle delle basiliche cimiteriali ad corpus, sorte cioè intorno alla sepoltura di un martire o di un santo.

Tra queste, tutte manomesse nelle varie vicende del sito, una sola tomba (pertinente a due individui di sesso maschile) è giunta intatta, con il ricco corredo di brocche in ceramica, una ampolla in vetro, un’armilla, un anello, una fibbia di cintura. La presenza di calzari in cuoio eccezionalmente conservati lascia ipotizzare l’appartenenza dei defunti in essa sepolti all’aristocrazia locale.

Il riutilizzo, nelle tombe di pieno VI secolo all’interno dell’attuale chiesa, oltre che di blocchi romani anche di elementi murari intonacati, forse pertinenti al rivestimento parietale di una precedente fase della basilica cimiteriale, potrebbe essere ad oggi l’indizio di una fase più antica dell’edificio.

Saggi di scavo effettuati alla fine degli anni ’80 del secolo scorso hanno individuato a NE della chiesa due muri tra di loro ortogonali (lunghi m 3.50 e 1.40, ed orientati rispettivamente NO-SE e NE-SO), all’angolo dei quali erano resti di un pavimento in cotto.

Nel 2009 lo scavo archeologico in corrispondenza della rotatoria ha riportato in luce strutture tardo antiche, pertinenti a grandi pilastri in muratura con riutilizzo di blocchi lapidei romani, la cui correlazione con il contesto confermerebbe le dimensioni della basilica cimiteriale.

Ma l’elemento maggiormente significativo è una tomba monumentale privilegiata evidenziata dallo scavo in corso, posta in corrispondenza dell’ingresso e perfettamente in asse con l’impianto dell’aula cultuale, in funzione della quale si organizza la disposizione degli spazi funerari interni.

Si tratta di una tomba con deposizione singola, con una semplice olla come corredo, ma strutturalmente realizzata per garantire l’assoluta protezione del corpo. Coperta da un triplo strato di tegole saldate da abbondante malta, sigillate da elementi architettonici di riutilizzo, a loro volta sigillati da una ulteriore spesso strato di malta cementizia.

Non può essere casuale, oltre all’eccezionale continuità cultuale della chiesa cimiteriale di San Marciano attraverso le sue varie fasi, che la chiesa di XI secolo, ricostruita – sempre secondo il racconto di Pietro Diacono – dal vescovo Leone, scelga proprio questa tomba come fulcro della sua impostazione architettonica.

Se pur questa non è la tomba di Marco, leggendario primo vescovo di Atina, tuttavia i dati di scavo sono tali da imporre una necessaria rilettura della complessa trazione agiografica della Chiesa Atinate e dell’intrico storiografico che sembra aver mescolato realtà storica e invenzione.

Direzione scientifica: dott. Giovanna Rita Bellini
Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio Assistenza tecnica: geom. Vincenzo Chiappini
Soprintendenza per i Beni archeologici del Lazio Assistenza archeologica : dott. Simon Luca Trigona
Analisi antropologiche: dott. Francesca Calisse