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Ottobre ad Atina: San Marco, vendemmia e tradizioni

Ottobre ad Atina: un mese di fede, lavoro e convivialità

Ad Atina, il mese di ottobre era segnato da due grandi momenti: la festa di San Marco e la vendemmia. La comunità viveva giornate intense, in cui si intrecciavano tradizioni religiose, riti contadini, preparativi per l’inverno e convivialità attorno ai prodotti della terra.

La festa di San Marco e le celebrazioni religiose

Il primo ottobre si aprivano i festeggiamenti in onore di San Marco, patrono di Atina. Era un evento così importante che non bastava un solo giorno: si celebrava almeno per tre giornate, con riti religiosi, fiere e processioni. Le Confraternite e i devoti del Santo partecipavano con solennità, mentre le vie del borgo si animavano della musica della banda del Tavoliere e dei suonatori locali.

Durante la processione, la reliquia argentata raffigurante la mano e il braccio di San Marco veniva portata dal parroco insieme alla statua del Vescovo di Galilea. La popolazione assisteva con grande devozione, chiedendo protezione e benedizione per le famiglie e i raccolti. Nelle piazze si teneva anche la fiera, ricca di prodotti per il pranzo festivo e utensili utili alla vita quotidiana.

Il 4 ottobre si aggiungeva la festa di San Francesco al Convento, con i bambini che indossavano il saio e ricevevano il pane benedetto. Un rito semplice e suggestivo, che rafforzava il legame tra fede e comunità.

Sapori d’autunno: castagne, melograni e nocillo

Ottobre era anche il mese dei frutti autunnali: melograni, uva e castagne riempivano orti e cantine. Noci e nocciole, chiamate in dialetto v’luan’, erano preziose per i dolci natalizi e per la preparazione del tradizionale nocillo o nocino, un liquore aromatico che ancora oggi fa parte delle tradizioni della Valle di Comino.

I lavori nei campi: semine e raccolti

Oltre ai festeggiamenti, ottobre era tempo di lavoro agricolo. Si procedeva con le nuove semine di grano e orzo, mentre nelle aie delle case sparse di Sabina, Case Melfa, Piè delle Piagge, Forme e Cesapiana si potevano vedere i fasci di cannellini appesi ad essiccare. Quando era il momento giusto, i baccelli venivano battuti con il vett’ o gl’ vuètt’, un bastone con corda che permetteva di separare i fagioli, destinati a essere conservati secchi per mesi.

La vendemmia: il cuore della tradizione atinate

La vendemmia rappresentava il momento più atteso dell’anno. Ad Atina la cultura del vino aveva radici profonde, legate anche alle celebri cantine dei Visocchi, punto di riferimento per esperienza e capacità imprenditoriale. Durante la raccolta, le cantine diventavano luoghi di lavoro, di confronto e di festa: ci si scambiavano consigli di vinificazione, si discutevano tecniche, ma anche si creavano rivalità bonarie tra produttori, spesso risolte davanti a un bicchiere di vino, con il proverbiale “tutt’ pè n’ b’cch’rucci’” (tutto per un bicchierino).

La raccolta dell’uva avveniva con canestri di vimini e bigonce trasportati dai muli fino alle cantine. Le donne erano addette alla pigiatura, mentre i bambini si divertivano cantando e saltellando, rendendo la fatica un momento di gioia collettiva. A controllare la produzione c’erano le guardie daziarie, che registravano con precisione quantità e qualità nei registri comunali.

I suoni e le atmosfere della vendemmia

Oltre al lavoro, restava impressa nella memoria la suggestione dei suoni: il rumore dei carri colmi di mosto torchiato, il tintinnio delle corde e il vociare nei vicoli creavano un’atmosfera unica. Per Atina, San Donato e Gallinaro, paesi da sempre legati al vino, ottobre era il mese che univa fatica, festa e tradizione, lasciando ricordi indelebili nelle famiglie.