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Storia

Atina nella Seconda Guerra Mondiale

La tragedia, la distruzione e la rinascita di una città della Valle di Comino

Tra le colline della Valle di Comino, ancora oggi ad Atina vive il ricordo profondo e doloroso delle vicende che segnarono la città durante la Seconda Guerra Mondiale. Dal 9 settembre 1943 al 28 maggio 1944 – giorno in cui le prime truppe neozelandesi liberarono Atina dai tedeschi – la popolazione visse mesi di terrore, privazioni e sacrifici, nascosta tra le macerie e nei sotterranei degli edifici cittadini.

I primi effetti del conflitto e la vita sotto razionamento

Già nel 1942 gli abitanti cominciarono ad avvertire i segnali della guerra. Il governo, nel tentativo di sostenere le spese belliche, chiese ai cittadini di donare le fedi nuziali d’oro in cambio di semplici anelli di metallo. Nello stesso periodo prese avvio il razionamento dei viveri: mancò dapprima il sale, poi gli altri generi di prima necessità.

Il mercato nero divenne l’unica risorsa per sopravvivere: frumento, carne e olio venivano venduti a prezzi altissimi, e non di rado si trovavano solo pane e pasta scuri, impastati con farine di fortuna.

L’occupazione tedesca e la paura quotidiana

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, le truppe tedesche occuparono sistematicamente Atina, requisito edifici pubblici e rurali e confiscato il bestiame. La città, divenuta retrovia strategica dell’esercito germanico e punto di passaggio obbligato verso Cassino e le Mainarde, fu presto travolta da rastrellamenti, requisizioni e violenze.

La popolazione viveva nel terrore costante delle incursioni aeree. Le sirene suonavano più volte al giorno e gli abitanti correvano a rifugiarsi nei ricoveri di fortuna. Molti morirono di freddo, di fame o sotto i bombardamenti.

Le date dei bombardamenti più devastanti, raccolte dalle testimonianze, segnano un calendario di dolore:

  • 1943: 19 ottobre; 5, 12, 13 e 19 novembre; 13 e 28 dicembre.
  • 1944: 7, 14 e 20 gennaio; 5, 15, 20 e 25 febbraio; 15 marzo; 12, 13, 15 e 17 maggio.

La furia della guerra distrusse quasi completamente il tessuto urbano. Secondo il Genio Civile, il 95% delle case del centro e il 50% di quelle della campagna furono rase al suolo.

Saccheggi, violenze e fame estrema

Le bande tedesche non si limitarono all’occupazione: saccheggiarono ogni bene, incendiarono case, uccisero e impiccarono civili. Chi cercava rifugio sui monti, con pochi viveri e indumenti, veniva spesso scoperto e derubato.

In soli sei mesi Atina subì una devastazione totale. Nel centro storico si contarono 49 morti e 28 feriti, ma il bilancio complessivo superò le 150 vittime tra la popolazione civile. Gli edifici pubblici furono distrutti, il Palazzo Ducale crollò in più parti, le chiese furono danneggiate o abbattute. Le strade erano sommerse dalle macerie, le reti idriche ed elettriche interrotte, la centrale idroelettrica e i ponti sul Melfa crollarono. Persino il cimitero fu sconvolto dalle bombe. L’industria locale — in particolare la Cartiera Visocchi — fu saccheggiata e minata.

Con l’inverno del 1944 arrivò anche la fame. I latticini e la carne sparirono del tutto. La popolazione si nutriva con pane fatto di crusca rimacinata, o con farina di ghiande e fagioli, di colore scuro e sapore amaro. Le minestre erano a base di erbe selvatiche, crispini, cicorie e rape.

La liberazione di Atina

Il 28 maggio 1944 (alcuni testimoni ricordano il giorno precedente), le truppe neozelandesi e britanniche raggiunsero Atina, ponendo fine all’occupazione tedesca. Ma la liberazione portò con sé nuove distruzioni: i mezzi militari alleati occuparono almeno 21 proprietà e devastarono i campi coltivati.

Nonostante i pericoli, la popolazione — ormai evacuata — rientrò in città subito dopo la liberazione, animata dalla speranza di ricostruire una casa o ritrovare qualche bene salvato. Molti, inconsapevoli dei rischi, si rifugiarono tra le rovine cercando di riparare un tetto o recuperare masserizie.

Il tributo e la memoria

Lo storico Pietro Vassalli, nelle Figure celebri in Atina (Arpino, 1956), scrisse parole che restano una testimonianza morale del sacrificio collettivo:

«Ora queste popolazioni, spogliate di tutto, più duramente colpite di quelle che hanno avuto il conforto del focolare domestico e delle masserizie salvate, meritano di essere ricordate alle future generazioni per il martirio degli avi, con una medaglia commemorativa o con distintivo d’onore o attestato di benemerenza».

Dalla proposta alla medaglia d’argento

Nel 2002 il consigliere comunale Rolando Amata propose di avviare l’iter per ottenere la medaglia d’oro al valor civile in memoria delle vittime di Atina. La richiesta fu riformulata nel 2004, ma per mancanza di documentazione non poté concludersi.

Due anni dopo, nel 2006, il sindaco Natale Cerri affidò l’incarico di preparare un nuovo dossier storico, corredato da fonti, documenti e fotografie. Grazie anche all’interessamento del Prefetto di Frosinone, dott. Piero Cesari, e del suo Capo di Gabinetto, dott. Ernesto Grossi, la città di Atina ottenne finalmente, il 26 giugno 2009, con Decreto del Presidente della Repubblica, la Medaglia d’Argento al Merito Civile.

La motivazione ufficiale recita:

«Comune situato ai margini della linea Gustav e a pochi chilometri da Cassino, occupato dalle truppe tedesche, subiva violenti saccheggi, devastazioni e continui bombardamenti che causavano la morte di numerosi cittadini, nonché la quasi completa distruzione del patrimonio edilizio. La popolazione, costretta a rifugiarsi nei paesi vicini, seppe resistere con fierissimo contegno agli stenti e alle dure sofferenze, per intraprendere poi la difficile opera di ricostruzione morale e materiale».

La memoria del sacrificio

Atina, dopo la distruzione e il dolore, seppe rialzarsi. Oggi le sue strade, i suoi palazzi ricostruiti e la sua gente custodiscono la memoria di quel tempo oscuro, affinché il tributo di sangue e dignità pagato dalla città durante la Seconda Guerra Mondiale non venga mai dimenticato.

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