“Quinque adeo magnae positis incudibus urbes
tela novant, Atina potens, Tiburque superbum,
Ardea Crustumerique et turrigerae Antemnae”
(Virg., Aen., VII, 629-631)
Alla fine del I sec. a.C. il poeta romano Virgilio ricorda, per prima, tra le cinque città del Lazio alleate di Turno contro Enea, Atina, definendola potens. Anni di ricerche e di studi archeologici condotti al Atina e nel suo territorio hanno offerto la verosimile chiave interpretativa del passo virgiliano. I monti della Meta, che chiudono ad est la Valle di Comino di cui Atina è ancora oggi il fulcro topografico, presentano affioramenti di limonite su tutto l’arco da Picinisco, Settefrati, San Donato Val di Comino, Alvito, fino a Campoli Appennino. Tracce di antichi sfruttamenti al vallone di Canneto ed a Picinisco testimoniano la presenza di miniere, fondamentali per il metallo necessario alla fabbricazione delle armi.
Alla fine del I sec. a.C. Atina era ormai una fiorente città romana; ma era ancora vivo il ricordo della sua forza e della sua tenacia nella lotta contro Roma sia durante le guerre sannitiche sia durante le guerre sociali. È logico quindi che Virgilio trasponga ad epoche più remote la realtà a lui più vicina, identificando con “Atina”, tutta la popolazione che viveva nella zona, resa potente dalla possibilità di fabbricare le armi.