Il centro antico di Atina si trovava attorno al Colle Santo Stefano, sede della futura città romana, in un’area che controllava il fiume Melfa. Immediatamente a nord-est del centro si trovavano i Monti della Meta e delle Mainarde, ricchi giacimenti di argento, rame e ferro. È molto probabile che Atina controllasse una parte di questi giacimenti.
In un’ampia zona pianeggiante a nord-ovest di Colle Santo Stefano convergono anche alcuni importanti assi viari della regione. Il più importante di questi è la strada che collega Atina e Sora, estendendosi da un lato attraverso la valle del Roveto verso il territorio del Fucens, e dall’altra lungo il corso del Rapido verso Cassino e la Campania.
Forse meno importante, ma non per questo meno interessante, era il tracciato orientale da Atina alla valle di Venafro, che dava accesso alla regione di Isernia: poco prima dello spartiacque, in territorio probabilmente ancora atinate, sorgeva il centro arcaico dell’attuale San Biagio Saracinisco
Inoltre, a nord di Atina, un itinerario di montagna conduceva, attraverso il passo montano di Forca d’Acero, al centro arcaico di Opi e alla Valle di Canneto, verso la regione gravitante sull’alto corso del Sangro.
Le notizie desumibili dalle fonti sulla più antica storia di Atina sono pressoché nulle. Il centro infatti compare nell’annalistica romana solo con il 293 a.C.5, quando le forze dell’Urbe saccheggiano il territorio della città, che, a questo livello cronologico, era certamente sotto il controllo sannita.
A fronte di questa scarsità di notizie si deve segnalare la presenza, nella storiografia moderna, di una sorta di vulgata che tende ad attribuire l’insediamento, almeno dall’età arcaica, ai Volsci.
Nonostante la sua importanza nel quadro del popolamento preromano della regione, tracciare la storia di Atina nella bibliografia scientifica è compito di non grande impegno.
Nonostante la sua importanza nel quadro del popolamento preromano della regione, tracciare la storia di Atina nella bibliografia scientifica è compito di non grande impegno.
In un assoluto abbandono da parte degli organi di tutela e di ricerca, almeno dal punto di vista delle età più antiche, le nostre conoscenze sul centro sono a tutt’oggi affidate a pochi lavori sul circuito di mura in opera poligonale, lavori che non sembrano ancora aver trovato punti di accordo sulle problematiche dell’assetto delle fortificazioni atinati e soprattutto del loro divenire in senso cronologico, ai quali si aggiungono sporadici accenni a singoli materiali, decontestualizzati, rinvenuti casualmente e acceduti al Museo Archeologico Comunale, struttura oggi in via di riorganizzazione.