La nascita della Collegiata di Santa Maria e il culto di San Marco ad Atina
Nel 1044 un flagello terribile colpì le terre del Lazio meridionale. Una pestilenza devastante seminò morte e desolazione: ad Aquino soltanto le vittime furono più di 2.500. In questo clima di dolore e di smarrimento, la fede divenne rifugio e speranza.
Secondo la tradizione, fu in questo periodo che la Vergine Maria apparve all’arcidiacono Benedetto, affidandogli un messaggio solenne da recapitare al vescovo Leone e al popolo di Atina:
«Va’ e riferisci al vescovo Leone ed alla mia gente di costruire in mio onore una grande chiesa sui resti dell’antico tempio pagano di Saturno».
Il vescovo Leone accolse senza esitazione il messaggio celeste e si pose alla guida di un’opera grandiosa. In soli due anni riuscì a edificare la Collegiata di Santa Maria, dotandola di sette altari, di una torre con sette campane, di un refettorio per i chierici, di una cucina, di un granaio e persino di un palazzo di rappresentanza. Una costruzione imponente, destinata a diventare cuore religioso e civile della comunità atinate.
Ma la Provvidenza non aveva ancora esaurito i suoi segni. Il Signore concesse infatti al vescovo Leone di ritrovare le reliquie del martire San Marco, da tempo dimenticate nell’antico episcopio di San Bartolomeo. Era attorno all’anno 1049.
Si narra che, alle prime luci dell’alba, il vescovo, insieme ai suoi chierici, si recò al tempio di San Bartolomeo. Qui, con grande devozione, il corpo di San Marco venne posto su una lettiga portata a spalla dai sacerdoti e traslato solennemente fino alla nuova Collegiata di Santa Maria, dove fu sepolto con tutti gli onori.
Non bastava, però, custodire il corpo del santo in un semplice sepolcro. Il vescovo Leone ordinò che, nel settore occidentale della Collegiata, si gettassero le fondamenta per una cappella dedicata esclusivamente a San Marco. Le dimensioni furono stabilite con precisione: trentadue piedi di lunghezza e diciassette di larghezza. Lì avrebbero trovato dimora per sempre le sacre spoglie del martire.
Il 20 marzo 1049, Papa Leone IX, di ritorno da un pellegrinaggio al Santuario di San Michele sul Gargano e dopo aver fatto tappa a Montecassino, giunse ad Atina. Accolto da una folla festante, il pontefice volle onorare personalmente le reliquie di San Marco, da poco riscoperte, e concesse numerose indulgenze a tutti i fedeli che avessero pregato nella Collegiata di Santa Maria. Un evento memorabile che contribuì a consolidare la fama e la centralità del santuario atinate.
L’opera di ampliamento non si arrestò nei decenni successivi. Nel 1087 il vescovo Giovanni proseguì l’opera del suo predecessore, estendendo il perimetro della Collegiata e facendo costruire altri due altari, arricchiti da affreschi e paramenti sacri.
Da allora, nella Collegiata di Santa Maria si celebrarono le funzioni religiose più solenni e significative per la comunità: dai matrimoni ai battesimi, dalle feste patronali alle grandi ricorrenze liturgiche. Ogni pietra dell’edificio, ogni dipinto e ogni altare narrano ancora oggi la fede, la resilienza e la speranza di un popolo che seppe rialzarsi anche nei momenti più bui della sua storia.
Atina tra XI e XIII secolo: la Collegiata di Santa Maria e il rinnovamento della città
L’eco della storia di Atina nel Medioevo si intreccia con documenti solenni e avvenimenti drammatici che plasmarono il destino della comunità e della sua chiesa principale, la Collegiata di Santa Maria.
Una testimonianza di grande rilievo è la bolla papale di Pasquale II del 9 febbraio 1110, nella quale vengono definiti i confini della diocesi di Sora. Tra le chiese principali inserite nel documento figurano quelle di Atina: Santa Maria, San Pietro, San Silvestro, San Mauro, San Angelo in Pesco, i tre Mulini sul Melfa e infine San Marciano. Questo riconoscimento confermava l’importanza religiosa del centro e della sua Collegiata, già cuore spirituale del territorio.
Qualche decennio più tardi, nel 1140, Ruggero II, re di Sicilia, giunse in Val Comino. La tradizione racconta che visitò la Collegiata di Santa Maria prima di entrare nella rocca della città. Ordinò al suo fidato camerario reale, Ebolo Mallano, di descrivere con precisione i confini del territorio atinate, segno di un potere che si esercitava non solo con le armi, ma anche attraverso il controllo amministrativo.
Verso la fine del XII secolo, Atina visse anni turbolenti. La città, schierata con Tancredi, era governata dal castellano Ruggero della Foresta, un uomo descritto dalle fonti come ambizioso e sanguinario. Questo periodo di instabilità culminò nel 1193, quando l’abate cassinese Roffredo, di ritorno dalla Germania e alla guida di truppe scelte, penetrò in Val Comino. L’attacco fu violento: le mura e la Porta di Cancello vennero abbattute, il foro cittadino devastato e l’abitato di Santa Maria occupato.
Eppure, da quelle rovine sorse un nuovo inizio. Il 22 febbraio 1195, lo stesso abate Roffredo concesse agli abitanti di Atina una carta di franchigie e di libertà, un documento che sanciva diritti e autonomie fino ad allora negati. Nel testo si dichiarava la chiesa di Santa Maria libera ed indipendente, riconoscendole la giurisdizione su tutte le chiese del territorio. Un passaggio fondamentale che rafforzava ulteriormente il ruolo della Collegiata come centro religioso di riferimento per l’intera Valle di Comino.
Il XIII secolo portò nuove prove. Il 1° giugno 1231, un forte terremoto colpì la città, facendo crollare rovinosamente i muri e la copertura della Collegiata di Santa Maria. Lo spavento fu grande, ma non duraturo. In breve tempo, con fede e determinazione, l’edificio venne ricostruito. Decisivo fu il contributo del maestro Pietro di Atina, cancelliere di Papa Gregorio IX. Uomo colto e di grande influenza, chiese ed ottenne dal Pontefice numerose indulgenze per chi avesse visitato la nuova Collegiata e offerto contributi per la sua ricostruzione e abbellimento.
Grazie a questo sostegno, l’opera poté rinascere più solida e più bella di prima, diventando ancora una volta simbolo di resilienza e di identità per la comunità atinate.
Il secolo XIII vide inoltre emergere figure di grande prestigio legate alla città. Tra esse ricordiamo il maestro Terrisio, consigliere personale dell’imperatore Federico II; fra Giacomo, vescovo di Bisaccia; e lo stesso maestro Pietro di Atina, che oltre ad essere cancelliere di Papa Gregorio IX lo fu anche di Papa Innocenzo IV. Proveniente da una nobile famiglia, Pietro fu un giurista stimato e rispettato, capace di dare lustro ad Atina ben oltre i confini della Valle di Comino.
Così, tra distruzioni e rinascite, privilegi papali e potere politico, la Collegiata di Santa Maria continuò a essere il cuore pulsante di una città che seppe resistere e rinnovarsi nei secoli, custodendo memoria e fede del suo popolo.
Le info sono state estrapolate e riadattate per il web dal volume “La Collegiata di Santa Maria e la cappella di San Marco” di Vincenzo Orlandi.
La foto in copertina è un’opera originale di Giuseppe Massa. È stata creata manualmente su una base fotografica con ore di lavoro e passione, senza l’uso di intelligenza artificiale. Per favore, rispettate il lavoro altrui e non rimuovete il nome dell’autore dalla foto.
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