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Palazzo Ducale “Cantelmo”

    Nel 589 d.C. con l’attacco longobardo capeggiato dal duca Zottone la città monumentale di impianto romano subì rovina e distruzione. Il definitivo colpo fu dato dal terremoto del 1349 che rase al suolo i resti romani e il primitivo borgo medioevale. Atina fu ricostruita, sempre sul sito della città romana, ma più piccola nelle dimensioni, seguendo i nuovi criteri urbanistici importati dai Cantelmo.

    Sullo stesso luogo in cui i d’Aquino avevano edificato due secoli prima la primitiva rocca, i Cantelmo diedero inizio alla costruzione di questo magnifico palazzo definito due secoli più tardi da Giulio Prudentio “una Corte a forma di Castello d’Alvito, comoda per il Capitano et altri”.

    Abitato in maniera saltuaria dai duchi fino al 1458, alla fine del XV secolo fu ceduto al conte Diomede Carafa di Maddaloni che lo adibì a residenza per i luogotenenti e i maestri di campo della casa ducale.

    Nell’Ottocento passò ai signori Paniccia di Vicalvi, che nel 1870 lo vendettero al Comune.

    Nel 1887 appariva a Cesare Pascarella

    “dominato da una torre merlata. Una volta vi abitavano i signori di Alvito; adesso invece vi stanno di casa due muse, la Tragedia e la Commedia, cioè le carceri e il teatro”.

    La sua elegante sagoma si erge al centro del borgo antico. La facciata è protetta da due torrioni aggettanti ed è ingentilita da bellissime bifore e da rosoni strombati. Sul portale d’ingresso, un fregio di epoca romana ci introduce all’interno di uno dei palazzi medioevali meglio conservati del basso Lazio. Di pregio, la cappella dedicata a Sant’Onofrio, che custodisce opere pittoriche del XIV secolo.

    fregio romano Atina Palazzo Ducale
    Fregio di epoca romana

    All’esterno, alla destra dell’ingresso, fa bella mostra una statua togata, detta comunemente statua di Pasquino. L’epigrafe incisa alla base ricorda l’imperatore Marco Aurelio Antonino (161-180), che ad Atina aveva una villa dove si ritemprava dalle fatiche di governo. Il monumento venne eretto per decreto del consiglio dei decurioni.

    “IMP CAES L SEP / TIMI SEVERI PIL PERTI NACIS AVG ARAB ADIAB / PART MAX FIL DIVI MANTONINI / 5 PII GERM SARMAT NEP DIVI PILL ANTONINI PRON DIVI HADRIANI I ABNEP DIVI TRAIANI ET DIVI-/ NERVAE ADNEP M AURELIO TANTONINO AUG TRIB POT I PROCOSP.C.200 / 10 D D PUBLICE” (C.I.L. 5052),

    Sulle mura esterne sono inoltre conservate diverse epigrafi. Una di queste proviene dal cortile del Casino Visocchi a Settignano, luogo della Villa Septa Jani:

    “C LVCCIO C FITER PAETOIC LVCCIO C FI FILIO RVFOI GENTIA C F FECIT” (C.I.L. 5091) “A Caio Luccio, Paeto, figlio di Caio della tribù Teretina. Al figlio Caio Lucio Rufo, figlio di Caio, fece Gentia, figlia di Caio”

    Tra i reperti conservati nell’atrio vanno ricordati i resti di alcune colonne, un fregio dorico e un’ara, la cui iscrizione ricorda che nel secolo i cittadini del municipio, con del denaro raccolto tra di loro, dedicarono un monumento a Caio Avidio Clemente, figlio di Caio della tribù Teretina, edile duumviro, cavaliere dello Stato:

    “CAVIDIO CFTER / CLEMENTI AED | VIR / EQVO PVBLICO / urceus MVNICIPES ET INCOLAE patera/5AERE CONLATOIL DD D” (C.I.L. 5066).

    L’elemento più prezioso, che assolutamente merita una visita è il bellissimo mosaico dedicato a un guerriero romano (per alcuni studiosi si tratta di un soldato sannita) rappresentato nudo, con indosso un elmo crestato, il mantello, l’asta e lo scudo, raffigurato in quattro distinti atteggiamenti che evidenziano i diversi momenti di un combattimento. Di notevole dimensioni (7,30 x 4,20 metri) e pregevole fattura, l’opera è realizzata con tessere bianche e nere. In origine ornava l’atrio di una ricca domus romana.

    mosaico di atina
    Il mosaico di Atina dopo il restauro – Foto di Luciano Caira

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