Categorie
Storia

Atina e il pellegrinaggio a San Michele

    A partire dalla fine del 1800, il pellegrinaggio micaelico divenne un evento di massa, con gruppi di devoti provenienti da tutta Italia che si mettevano in viaggio per raggiungere il Gargano, sia a piedi che a bordo di caratteristici carretti.

    In particolare, i pellegrini si radunavano alle montagne sacre l’8 maggio e il 29 settembre, partecipando alle “Cumpagnie” dei Sammichelari. Durante il cammino, scandito da canti, preghiere e riti penitenziali, i pellegrini sostavano per dormire nei conventi della Via Sacra dei Longobardi, tra cui San Leonardo di Siponto, San Matteo e Santa Maria di Stignano.

    Atina pellegrinaggio San Michele
    Archivio Biblioteca Comunale di Atina – Restauro foto Giuseppe Massa

    Giovanni Tancredi, etnologo del Gargano, nel 1938 descrisse così i pellegrini che salivano gli impervi tornanti di Monte:

    «Chi vuol avere la sensazione della vera fede, venga quassù ed osservi le strade carrozzabili, gli impervi sentieri, le coste dei monti dove giovani e vecchi, uomini e donne con grossi involti sul capo, con le scarpe e le uose in mano, sgranando il rosario, salgono in lunghe file serpeggianti, oppure dispersi per le diverse scorciatoie come branchi di pecore pascenti, cantando interminabili litanie».

    Il Tancredi scattò foto di intere compagnie, in cui si possono osservare centinaia di pellegrini diretti al santuario di San Michele. Essi sono accompagnati dai loro carri, indossano i caratteristici costumi e portano con sé gli oggetti tipici dei pellegrini, come bastoni piumati, ombrelli e secchi. Questi simboli sono legati al mondo magico della ritualità religiosa. Sono presenti le immagini delle compagnie di Boiano (Ch), Toritto, Potenza, Atina (Fr), Bitonto (Ba) e Terlizzi (Ba), ognuna delle quali adotta il proprio rituale, che riflette la loro terra d’origine, la loro storia e la loro cultura religiosa.

    L’etnologo riporta una vivace descrizione anche dei “vestiti pittoreschi” delle donne pellegrine al Gargano: «… dal corpetto ce- leste ricamato in oro delle figlie di Baranello a quello bleu delle contadine di Guardiaregia, dallo strettissimo copricapo delle donne di Atina a quello larghissimo rettangolare tenuto fermo da un lunghissimo spillone d’argento degli abitanti di Avigliano..»

    Tra le numerose compagnie che si dirigevano verso la città dell’Arcangelo, ce n’erano alcune che intonavano l’invocazione “ora pro nobis” al suono delle “ciaramedde”. Tra queste, la più prestigiosa e assidua era quella proveniente da Atina, che arrivava la sera del 7 maggio.

    La Compagnia di Atina praticava un antico rituale noto come il “lavaggio dei peccati”. Prima di arrivare a Monte, i pellegrini si fermavano presso una fonte e, dopo essersi lavati, i partecipanti novizi si mettevano una corona di spine in testa e proseguivano a piedi scalzi.

    Il gruppo si presentava nei tradizionali costumi locali, con mantelli e cappotti invernali per il pellegrinaggio che si svolgeva alla fine dell’inverno, guidato dal capo della compagnia con il crocifisso.

    Al ritorno altri devoti potavano il tradizionale bastone piumato chiamato in dialetto locale Sprdon (o Bordone) avente, infatti, sulla cima molte piume di vari colori. Da esse pendevano tanti oggetti legati alla tradizione atinate, come le corone, i quadri e i santini con l’immagine di San Michele, corone di andrini e le carrube (o sulleccra).

    Ricostruzione del Bordone – Luciano Caira

    La Compagnia era formata anche da donne che indossavano un costume tipico, detto “Pacchiano”, caratterizzato da colori vivaci e ornamenti preziosi come gioielli legati all’artigianato, spille, fermagli, orecchini, ciondoli. Portavano un copricapo, chiamato “uammacile” formato da un piccolo fazzoletto di lino pieghettato e irrigidito (mpsmato), con un piccolo cammeo, monile o corallo lavorato.

    Secondo la tradizioni, chi partecipava per la prima volta al pellegrinaggio doveva portare il Bordone con annesso battesimo.

    Lascia un commento