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Collina di S. Stefano, Percorso Giallo “Borgo Medievale”

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Atina, Collina di S. Stefano

Percorso Giallo – Borgo Medievale

Il punto di congiunzione fra il percorso rosso (Madonnella) e quello giallo è alla sommità del primo livello della collina (550 mlm), dove probabilmente era ubicata una porta d’ingresso alla città pre-romana, lungo il circuito delle mura ciclopiche.

Il panorama è semplicemente mozzafiato e invita a rispettare la natura e a ripercorrere la storia delle donne e degli uomini che hanno abitato questa terra.

Ci piace immaginare che da qui l’Acer Atinas (il Fortissimo Atina, citato due volte nell’Eneide di Virgilio, forse più a rappresentare un popolo che un singolo guerriero), alleata di Turno, Re dei Rutuli e di Camilla, Regina dei Volsci e fiero nemico di Enea e dei suoi alleati Etruschi, osservasse l’arrivo dei nemici provenienti dal nord, attraverso il valico oggi nel territorio di Vicalvi o dall’est, attraverso il valico di Forca d’Acero, oppure dal sud, attraverso il valico di Cardito.

Questo, infatti, è il posto migliore per dominare l’antica via pedemontana percorsa dagli antichi popoli pre-romani che collegava l’Etruria alla Campania, passando per il Molise e la sua diramazione, tramite il valico di Capodichino, verso il Cassinate e la costa tirrenica.

Qui, nel fondo della Valle di Comino, una conca protetta dai monti dell’Appennino Centrale, nel corso dei millenni sono passati innumerevoli eserciti invasori: dai Sanniti, ai Romani, dai Visigoti ai Longobardi, dai Normanni agli Svevi, dagli Spagnoli ai Francesi, per finire (forse) ai Nazisti e ai liberatori Anglo-Americani.

L’Acer Atina alleata di Turno, Re dei Rutuli
e di Camilla, Regina dei Volsci

Ma adesso, limitiamoci a fare un salto di un paio di millenni. Entrando per la porta dell’Acer Atinas, siamo passati dalla protostoria al Medio Evo. Qui, diffusi in un piccolo altopiano di una quindicina di ettari, sono pochi i resti del borgo sorto sotto la Rocca innalzata dai d’Aquino alla fine del I millennio d.C.

Dopo le razzie e le distruzioni operate dai barbari (Atina fu distrutta nel 412 d.C. dai Visigoti di Alarico e nel 580 d.C. dai Longobardi del Duca Zotone di Benevento), gli Atinati, con l’aiuto degli abruzzesi di Penne e Forcone (così recita l’Antica Cronaca), cercarono di ridare vita alla vecchia città.

Secondo Toubert, il massimo studioso del fenomeno dell’incastellamento, le antiche mura poligonali offrirono un ottimo rifugio alle popolazioni fuggite dalle pianure e dai colli non difesi. Probabilmente lo stesso percorso fu seguito dagli Atinati che, in più, furono protetti anche dalla Rocca.

Il borgo che qui nacque e si sviluppò fra l’VIII e il il XIV Secolo, fino al terribile terremoto del 1349 che distrusse anche Montecassino, ospitò una comunità calcolabile intorno ad un migliaio di individui e disponeva di 3 chiese.

I ruderi di quella di S. Stefano sono ancora visibili in direzione nord. Li vicino in tutta l’area ci sono i miseri resti di altri edifici. Si raccontava fino a qualche decennio fa, che il fantasma di una donna, chiamata la Dama Bianca, si aggiri nella notte fra questi ruderi.

Campo di tiro a piattello di Atina

Proseguendo lungo il sentiero contraddistinto dal colore giallo si incontra, prima il campo di tiro a piattello realizzato negli anni ’50 del secolo scorso e poi, scendendo verso la Colonia e l’Abete, il manufatto dell’acquedotto realizzato nel 1931, secondo lo stile dell’epoca.

Orazio Riccardi Paolo

Acquedotto di Atina

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