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Storia

La Valle di Comino, una terra dalla lunga e travagliata storia

    Gli esordi

    La ridente e fertile Valle di Comino, nel corso della sua lunga storia ne ha viste tante: dal passaggio di popoli migratori, eserciti invasori, re, imperatori e papi, a memorabili battaglie, a devastanti fenomeni naturali come terremoti e alluvioni e non si è fatta mancare una buona dose di altre calamità, come la peste e le carestie.

    Ma è stata anche la patria di eroi, letterati, artisti, capitani di industria, di contadini e lavoratori tenaci e duri come la roccia della quale sono formate le sue montagne e che hanno dato un forte contribuito allo sviluppo di tante altre nazioni, oltre che dell’Italia.

    Il Neozoico

    Umani e animali incominciarono a frequentare questa terra, formata da vaste zone acquitrinose e da foreste, fin dal Quaternario, come attestato dal ritrovamento, di ossa di mammut (Elefhas Primigenius Blum), in Casalvieri, nel 1879, custodite nel Palazzo di Achille Graziani di Alvito e inviate, “insieme alla sua collezione di oggetti preistorici ed archeologici”, all’Esposizione di Caserta del 1879 (Cacciamali 1890).

    Achille Graziani, di Alvito, che esponeva armi preistoriche in pietra con cuspidi di lancia provenienti dai territori di Casalvieri, Alvito, Arpino e Sora.

    Dal libro “Napoli da capitale a periferia: Archeologia e mercato antiquario in Campania nella seconda metà dell’Ottocento” – Italo Iasello, 2017

    Di questa collezione si sono, purtroppo, perse le tracce. In molte località della Valle, sono state rinvenute accettine fittili, punte di frecce, lance, raschiatoi e aghi ricavati da ossa di animali.

    Un’accettina fittile fu acquisita nella raccolta del Museo Kircheriano di Roma e un’altra si trovava nell’abitazione del Senatore Alfonso Visocchi, in Atina (Vassalli 1949).

    Insediamenti cavernicoli, oltre che ad Atina (grotte del Demonio, di Saturno e di Caifas e Monte Prato – Elisena 1906), sono stati individuati a Settefrati, a nord del paese, nella gola impervia di Val Canari (Dionigi Antonelli 1994).

    Lo stesso Elisena scrive anche di monumenti megalitici (Dolmen, Menhir e Mascheroni), da lui individuati in varie località, che attesterebbero il passaggio di popoli di stirpe indo-europea provenienti dalle Alpi.

    Non hanno conferma, invece, le notizie (Vassalli 1949) del ritrovamento di “manufatti simili a nuraghi” in S. Marciano (Atina), presso le Muraglie (Casalvieri) e a Colle Posta (Picinisco).

    “Nella Borgata dell’Antica (una frazione dell’attuale Comune di Picinisco), secondo le testimonianze di alcuni contadini del luogo, fu rinvenuto (ca. 1885) sotto il terreno un agglomeramento di grosse e lunghe pietre sovrapposte, con degli scheletri” (Elisena 1906).

    Ciò sta a significare che le popolazioni che calpestarono anticamente il suolo della Valle usavano inumare, anziché incenerire i morti.
    L’era dei primi insediamenti stabili è, però, ancora avvolta in una buona coltre di nebbia. È il periodo, quello protostorico o dell’età del bronzo, caratterizzato da una sottile linea di confine fra la leggenda e la realtà, sulla quale gli storici di età romana costruirono gran parte della mitologia antica, attingendo molto a quella del Mediterraneo orientale.

    Le vicende relative alle migrazioni di popoli, fra i quali i misteriosi Pelasgi, dall’Anatolia e dal Mar Egeo verso il Mediterraneo centro-occidentale, che importarono, tra l’altro, anche le tecniche di estrazione e lavorazione dei metalli e la costruzione di mura, si intrecciano nell’Italia centrale e, in particolare, nel Lazio meridionale, con il mito del dio Saturno, fondatore di città, che insegnò agli uomini anche la pratica dell’agricoltura (Lucio Accio, Dionigi di Alicarnasso, Ovidio, Virgilio e altri).

    Il mito di Saturno, dio o uomo in carne ed ossa, conduttore di popoli di migratori (Tertulliano), rappresenta comunque il passaggio cruciale da una società di raccoglitori e cacciatori che vivevano in grotte o capanne, ad una società di agricoltori-allevatori e costruttori di mura.

    Nella letteratura antica si ha una vasta eco anche di un altro fenomeno. Si tratta delle migrazioni interne generate da un unico ceppo centrale, quello umbro-sabellico che, attraverso le Primavere Sacre (Ver Sacrum), si divise in tanti gruppi, destinati a diventare i Popoli Italici pre-romani (Osci-Volsci, Sabini, Sanniti, Piceni, Ernici, Equi).

    Questi gruppi erano formati da giovani di ambo i sessi che una volta raggiunta la maggiore età, erano costretti, si pensa per soprannumero, a lasciare i loro villaggi, guidati da un simbolo (un lupo, un picchio, ecc.), per trovare un insediamento stabile in altri territori.

    Riccardi Orazio Paolo

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