Nel cuore della Valle di Comino, Atina ha sempre custodito con devozione le proprie tradizioni religiose. Tra queste, le celebrazioni in onore del patrono San Marco, il 28 aprile, e quelle dedicate a San Secondino, il 16 maggio, rappresentavano nel Settecento il momento più atteso dell’anno. Le feste patronali non erano soltanto manifestazioni di fede, ma anche occasioni di grande partecipazione popolare, in cui la comunità intera, con il sostegno della Confraternita, si mobilitava per offrire spettacoli suggestivi e solenni.
Già dai primi giorni dell’anno la Cappella di San Marco diventava centro nevralgico dei preparativi. Si provvedeva a piccoli restauri e manutenzioni: veniva ricordato e messo in sesto l’organo, riparati i guasti, puliti i candelabri e le lampade, risistemati il tetto e le parti murarie. Ogni dettaglio era curato con attenzione, perché nulla doveva mancare a una celebrazione tanto sentita.
Otto pomeriggi, otto notti e otto albe: per più di una settimana Atina intera si raccoglieva davanti alla statua del patrono. Era un tempo scandito da un misto di dolore e rinascita, di commozione e speranza. Lo stesso rituale, immutato da secoli, si rinnovava con intensità: luci tremolanti, fiori freschi, colori vivaci, melodie dolci e struggenti accompagnavano il popolo in una partecipazione corale.
La Collegiata, meta di pellegrinaggio, si riempiva di fedeli giunti non solo dai paesi limitrofi ma anche da terre più lontane, molti dei quali portavano con sé merci e prodotti da scambiare durante la festa. La folla era tale che i frati di San Francesco, custodi attenti e instancabili, presidiavano giorno e notte la chiesa, garantendo ordine e raccoglimento.
Le funzioni religiose avevano un tono solenne. La messa cantata era eseguita da un chierico organista, mentre il violino e la voce di un soprano provenivano spesso da Casalvieri, portando ad Atina un tocco di raffinatezza musicale. L’inizio della processione era uno dei momenti più emozionanti: l’uscita della statua di San Marco dalla cappella poteva durare a lungo, tanto era carico di attesa e di devozione. Il volto del martire catturava subito gli sguardi, suscitando emozione profonda in chi vi partecipava.
Il corteo si snodava lentamente per le vie del paese, accompagnato dalla musica delle bande di Arpino, Aquino o Anagni. I musicisti, ospiti graditi, erano accolti a spese della comunità e venivano rifocillati generosamente dai frati francescani del convento. I menù, tramandati dalle cronache, raccontano l’abbondanza di quei giorni: maccheroni o gnocchetti al sugo, carne, pesce di mare o trote del fiume Melfa, verdure di stagione come piselli, finocchi, insalata, carciofi e fave; il tutto accompagnato da pane fragrante, frutta fresca, vino locale e acquavite in abbondanza.
La statua del patrono, rivestita da un sontuoso manto di velluto rosso, veniva portata a spalla dai giovani rampolli della comunità, segno di prestigio e devozione. Le donne del popolo, particolarmente devote, aprivano e chiudevano il corteo con toccante partecipazione, creando un quadro di profonda spiritualità. L’ingresso della statua nella Collegiata segnava il culmine della celebrazione: al ritmo cadenzato della musica, in un movimento quasi ossessivo e rituale, la processione si concludeva in un’atmosfera densa di emozione.
La festa, tuttavia, non si limitava agli eventi religiosi. Durante il giorno il paese si animava con giochi, gare di bravura e momenti di svago che coinvolgevano grandi e piccoli, proprio come accade nelle feste patronali moderne. Le cronache ci raccontano un episodio singolare: nel 1743 fu addirittura allestito un teatro temporaneo, costruito con tela, frasche e legname, segno della vivacità culturale e della creatività della comunità atinate.
Le celebrazioni di San Marco ad Atina nel Settecento erano dunque un intreccio unico di fede, tradizione e socialità. Momenti solenni si alternavano a convivialità e spettacolo, trasformando la città in un palcoscenico a cielo aperto, dove religione e vita quotidiana si fondevano in una memoria collettiva destinata a durare nei secoli.