Nel 1222 San Francesco d’Assisi raggiunse la Valle di Comino per dedicarsi alla preghiera e maturare spiritualmente. Per tre anni si stabilì a Vicalvi, dove ottenne dai benedettini di Montacassino l’utilizzo di una piccola cappella dedicata al Crocifisso e due stanzette annesse, che in seguito ampliate, divennero l’attuale convento. Durante la sua permanenza, San Francesco prese un’importante decisione: diventare sacerdote.
Prima di raggiungere Atina per l’ordinazione, gli apparve un angelo con un’ampolla piena di acqua purissima che lo dissuase ricordandogli che la sua purezza doveva rimanere limpida come quell’acqua. Sull’esempio del “fraticello”, il francescanesimo si diffuse in tutta la valle e furono costruiti tre nuovi conventi: Alvito, San Donato Val di Comino e Atina (1630).
Nel 1600 gli Atinati desideravano ospitare nella città un ordine religioso, pertanto il canonico Leandro Mancini li convinse ad erigere un monastero, promettendo una somma di denaro se fosse stato costruito vicino alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, che lui aveva edificato fuori le mura della città.
Il Padre Provinciale dei Frati Minori Osservanti di San Francesco, vista la promessa di Leandro Mancini e il decreto della Comunità che si impegnava a procurare la mano d’opera e il materiale per costruire il monastero, decise di inviare dei frati ad Atina.
Il 14 novembre 1621, alla presenza di tutta la cittadinanza atinate, il decano Padre Felice da Roma, eresse una croce nel luogo dove sarebbe poi sorto il convento.
Nel 1626 i frati furono ritirati poiché Atina era troppo lontana dalla provincia di Roma.
A causa di alcuni imprevisti, i lavori ripresero solo alcuni anni più tardi. Il 3 Dicembre 1629, sopite le discussioni, i frati ritornarono ad Atina e, l’anno successivo, si diede inizio alla costruzione del cenobio e della chiesa che il Preposito dedicò solennemente a San Francesco.
Nel 1632
“si erano fatti ormai molti progressi nella costruzione, quando giunse in Atina il nuovo Padre Provinciale che, avendo visto che non tutto era pronto, ordinò che i frati andassero nuovamente via… Tornarono successivamente nell’anno 1635, dopo l’insediamento di Claudio di Atina come presidente”
Marcantonio Palombo – Ecclesiae Atinatis Historia
“Ridotta à qualche forma quella fabbrica si chiamarono i religiosi dell’Osservanza di Roma ad abitarvi, quali, dimorati quivi per lo spazio di pochi anni, à causa solo, d’esser questo dalla loro provincia molto distante, lo lasciarono e si diede da’ nostri Cittadini a’ Padri dell’Osservanza di S. Angelo. Per l’istessa cagione abbandonando ancor questi detto convento, si serbò, con qualche venerazione il luogo dal Clero Atinate”.
P. Buonaventura Tauleri – 1702
Nel 1688, dopo una lettera dei sindaci di Atina a padre Giuseppe da Sulmona, il convento fu affidato ai Minori Osservanti Riformati della Provincia di San Bernardino dell’Aquila.
Dal 1864 al 1867 il giovane Parlamento Italiano fu impegnato nella discussione delle cosiddette “Leggi versive” che portarono prima alla soppressione di numerosi Ordini e Corporazioni religiose (L. 7 Luglio 1866) e, successivamente, alla liquidazione dell’Asse Ecclesiastico (L. 15 Agosto 1867), avocandone il patrimonio allo Stato e agli enti pubblici locali, previa richiesta, per questi ultimi, di utilizzo per pubblica utilità entro un anno dalla presa di possesso.
Ad Atina, la presa di possesso del Monastero dei Minori Riformisti fu fatta nel 1864 dal Giudice, alla presenza del Sindaco.
Nell’estate del 1865 il Consiglio Comunale decise di “domandare al Governo la soppressione del Monastero di San Francesco occupato dai Minori Riformisti, cedendo la proprietà al Comune, per adibirlo ad usi pubblici e alloggi militari”.
Il mese di Ottobre dello stesso anno fu disposto il concentramento dei Riformati in altri conventi dello stesso ordine. Il 15 Novembre la Direzione per le Tasse e Demanio di Caserta dispose che la Chiesa fosse chiusa al pubblico e gli oggetti sacri fossero devoluti alle chiese povere, “in specie quelle parrocchiali”.
Nel corso dello stesso mesefu redatto il verbale d’immissione in possesso d’uso del fabbricato claustrale a favore del Municipio di Atina da trasmettersi alla Direzione Speciale della Cassa Ecclesiastica in Napoli.
Il 14 Aprile 1866 la suddetta Cassa Ecclesiastica approvò “l’instrumento” rogato in data 25 Febbraio 1886 dal notaio Spinelli Nunziato, residente in Atina, con il quale l’intero edificio con tutte le sue dipendenze fu ceduti in enfiteusi perpetua al Municipio di Atina.
L’8 Luglio 1871 fu compilato il verbale di cessione e consegna dell’ex Convento, che l’Amministrazione del Fondo per il Culto fece al Municipio di Atina (ai sensi dell’art. 25 della Legge 7 Luglio 1866). La data di voltura catastale dell’immobile risulta essere del 27/7/1883 per l’orto e del 20/6/1884 per il fabbricato.
Il 2 Agosto 1871 si deliberò di collocare i diversi uffici municipali al piano superiore dell’edificio, lasciando lo spazio per i Carabinier, per i “Maggiori” ed altri.
Il trasferimento, fatte le opportune modifiche ai locali, avvenne nel Maggio del 1872. L’immobile ceduto si componeva di 11 vani a pianterreno, di 15 vani al primo piano e di 15 vani al secondo piano, con tre corridoi e con la Chiesa e la Sacrestia e piccolo orto annesso, che “dai Religiosi era tenuto ove esiste ancora il cimitero”.
Da un documento dell’epoca risulta che il corridoio dell’ingresso era lungo palmi 52 e largo 12. A sinistra vi era un cortile di palmi 40 per 40, nel mezzo del quale vi era un pozzo “poco meno del cortile contenente acqua potabile e profondo circa palmi 20”.
Nel 1929 il primo piano dell’ex Convento dei Francescani era occupato dalla caserma dei Regi Carabinieri e dagli uffici della locale Pretura, mentre al secondo piano erano posti gli ambienti destinati al Municipio, alla Banca Cooperativa di Atina e alla scuola elementare. I vari terranei, quelli prospicienti la piazza, erano per uso di caffè, circoli, garage; gli altri erano adibiti ad usi diversi.
Dal momento che il fabbricato era un patrimonio comunale e la legittima rappresentanza civica, ne disponeva come meglio credeva, l’architettura originaria del complesso fu ulteriormente modificata con la realizzazione di separati ingressi, con l’ingrandimento di tutte le finestre e con il rifacimento delle volte che minacciavano rovina.
Durante la Seconda Guerra Mondiale il convento fu gravemente danneggiato e i pubblici uffici vennero trasferiti nel Palazzo Cantelmo.
L’ex Convento ha ospitato la caserma dei Carabinieri e gli uffici della Pretura fino al terremoto del 1984, quando rimase seriamente danneggiato e fu chiuso per i lavori di riattazione e restauro, proseguiti fino ai nostri giorni.
La costruzione, ampia e spaziosa, con il chiostro e la chiesa annessi, presenta una pianta a L ed è composta da un corpo longitudinale illuminato da una serie di finestre. Al corpo centrale si affiancano due costruzioni più piccole. Sulla sua facciata si apre un possente porticato con quattro archi a sesto ribassato. All’interno si notano il portico con un bel loggiato che si affaccia sul cortile e diverse volte a crociera.
Il Convento segna lo sviluppo dell’abitato fuori le mura del borgo medioevale, trasformandosi in una sorta di fondale scenografico alla base della collina di Santo Stefano.
Nel mese di Ottobre 2006, durante il rifacimento della pavimentazione del piazzale antistante l’edificio, è stata rinvenuta una imponente struttura, una cisterna, in opera poligonale a pianta ellittica con asse maggiore di m 6,20, minore di 5,15 e profondità di 6. Il fondo è lastricato da tegoloni di terracotta: tra le ipotesi, la più suggestiva identificherebbe nel manufatto il castellum acquae dell’acquedotto romano di Atina.