Secondo diverse antiche carte della città di Atina, sotto il governo del vescovo Prudenzio, durante l’impero di Diocleziano e la prefettura di Timoteo, avvenne anche il martirio di San Valentino, un nobile e facoltoso cittadino di Atina. Tuttavia, poiché non esistono fonti storiche autorevoli che confermino con certezza questi eventi, mi limito a riportare ciò che attestano i documenti citati.
Il dottor fisico Giovanni Battista Panico, intorno all’anno 1644, registrando alcuni eventi riguardanti la sua patria Atina, menzionò il martirio del vescovo Prudenzio e di San Valentino. Egli afferma che il vescovo Prudenzio, mentre si trovava nel tempio di Giunone, vicino alle Terme Antoniane, fu sorpreso dai pagani mentre tentava di rimuovere l’idolo consacrato alla dea. Per questo motivo fu ucciso e il suo corpo rimase esposto per tre giorni davanti al tempio, finché, di notte, alcuni cristiani lo recuperarono e lo seppellirono nella chiesa di San Pietro.
San Valentino, anch’egli nobile e ricco cittadino di Atina, subì il martirio per ordine del console Timoteo durante il regno dell’imperatore Probo.
Il dottor Marco Antonio Palombo, nella sua breve relazione sulla città di Atina, dopo aver narrato il martirio di San Prudenzio e San Valentino, scrisse che, durante la persecuzione ordinata dall’imperatore Diocleziano, San Valentino, nobile e ricco cittadino di Atina, fu martirizzato.
Successivamente, gli abitanti di Atina edificarono una chiesa in suo onore ad Agnone, loro villa, dove in seguito sorse un monastero appartenente ai monaci di Montecassino. Questo monastero fu distrutto dai Saraceni, ma un certo Pontius Marso lo ricostruì e, una volta scoperto che apparteneva ai monaci cassinesi, lo restituì loro. Nel 1014, il principe Pandolfo di Capua confermò questa appartenenza con un privilegio ufficiale.
Leone Ostiense, nelle sue Cronache di Montecassino, racconta che, dopo la morte dell’abate Leone, il principe Pandolfo di Capua confermò ai monaci il possesso del monastero di San Valentino, situato nello stesso territorio. Questo monastero, distrutto dai Saraceni, era stato poco prima restaurato da Pontius, figlio di Allone della contea dei Marsi. Riconosciuto il legame storico con Montecassino, egli lo restituì ai monaci per devozione.
Un autore anonimo, in un breve catalogo e sommario delle gesta dei vari principi che governarono la città di Atina intorno al 1565, registrò anch’egli il martirio di San Valentino.
Secondo questa fonte, Timoteo, console al tempo dell’imperatore Diocleziano, fece martirizzare San Valentino ad Atina intorno all’anno 302. Dopo la sua esecuzione, i cristiani, di notte e in segreto, recuperarono il suo corpo e gli diedero una degna sepoltura.
Testo liberamente tratto da “Memorie istoriche dell’antica città d’Atina” di Tauleri Bonaventura, 1702