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Palazzo Visocchi

    Palazzo Visocchi ha assunto la forma attuale tra la prima e la seconda metà del Settecento, presumibilmente assemblando corpi di fabbricati preesistenti, per iniziativa di Gaetano Visocchi, portolano di terra in Terra di Lavoro.

    Mantiene ben conservato l’aspetto esterno con leggere decorazioni tardobarocche e ringhiere lavorate; anche all’interno rimane ancora integro l’impianto settecentesco, costituito, in sequenza a partire dal piano terra, da cantine, piano di servizio, cucine e dispense, piano di rappresentanza, appartamenti, granai.

    In corrispondenza del piano nobile, si sviluppa la galleria con ampi saloni dei quali, quello centrale decorato con motivi neoclassici alle pareti, sulla volta figure mitiche che fanno corte intorno a Mercurio.

    In parallelo alla galleria sono collocate le camere da letto con decori a tempera sulle pareti e sulle volte, ispirati alle quattro stagioni. Interessante, nella camera da pranzo, un raro esemplare di carta da parati, nota come “carta francese”, prodotta all’inizio dell’Ottocento con il sistema della macchina continua dalle cartiere Lefevre di Isola del Liri, centro industriale famoso in quel periodo come la Manchester italiana.

    Di particolare interesse la presenza di una cappella privata, con coretto, accessibile dall’interno del palazzo, aperta al pubblico per le celebrazioni della Madonna di Loreto, a cui la Cappella è dedicata, e del Corpus Domini, secondo antiche tradizioni locali.

    Monsignor Aniceto Ferrante, di Alvito, vescovo di Gallipoli, nacque in questa casa nel 1823, durante una breve permanenza della madre, ospite della sorella.

    Qui è nato nel 1899 Luigi Visocchi, ingegnere, uno dei tecnici che collaborò con Umberto Nobile alla costruzione dei dirigibili per le spedizioni al Polo Nord. Seguì poi Nobile in Russia, negli anni ’30, quando il Generale fu chiamato dal governo sovietico per costruire aeronavi.

    Fin dalla sua origine il palazzo appartiene ai Visocchi, che si insediarono in Val di Comino alla fine del ‘500, in virtù del privilegio che attribuiva un feudo al capostipite l’alfiere Biagio Visocchi, ufficiale dell’esercito del Regno delle due Sicilie, proveniente dal nord Europa, presumibilmente dalla Polonia.

    I Visocchi hanno ricoperto per generazioni incarichi militari ed amministrativi fino all’Unità d’Italia. Un ramo cadetto della famiglia, secondo la tradizione locale “i Visocchi fuori” (per significare la loro residenza fuori della cinta muraria di Atina), si è affermato nel campo delle attività industriali, dell’agronomia e della politica.