Della grandiosa Atina romana restano oggi solo pochi reperti visibili, mentre la maggior parte giace ancora sepolta o segnata dal tempo e dall’incuria. Per ricostruire la storia della città, oltre alle fonti letterarie, è fondamentale l’archeologia, che fornisce prove materiali e dati concreti, come le are qui esposte.
Le are erano altari votivi, simboli di elevazione verso la divinità. Nel mondo romano, il termine “ara” indicava una mensa sacrificale: un blocco in pietra, cilindrico o poligonale, su cui si svolgevano riti propiziatori, purificatori e sacrificali. Questi altari venivano spesso decorati con rilievi raffinati, rappresentazioni di divinità e scene mitologiche. In epoca ellenistica, le are assunsero un carattere monumentale, come l’Ara Pacis a Roma o l’Altare di Zeus a Pergamo.
Ara Dedicatoria
“Digizia Marcellina, figlia di Lucio, dedica alla propria ottima madre, Eria Mansueta, figlia di Quinto. Il terreno necessario è stato concesso per decreto del consiglio dei decurioni.”
Ara Dedicatoria di Caio Mario
Rinvenuta nel 1876 sotto la Torre Vassalli, nel letto del Rio Cancello, l’epigrafe menziona Caio Mario, un contadino che curava la villa del poeta Marziale ad Atina.
“Agli Dei Mani. Caio Mario Mercurio fece a Caio Mario Ianuario, liberto di Caio, fratello devotissimo e ben meritevole.”